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Città ecosostenibili, c'è ancora molto da fare
Moretti: “Ai giovani dico: siate competitivi, pensate verde”
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17/12/2012

Vedo che siete tanti studenti quindi devo adattare il mio discorso e le poche riflessioni che devo fare. Pensando a voi, penso al futuro dei giovani, ma anche a quello che dovrete fare per competere con altri vostri coetanei. Fuori c'è una competizione durissima, al di là di tutte le chiacchiere che si fanno. Gli altri avanzano e noi e non solo non cresciamo più, ma stiamo diminuendo quel che si chiama la produzione di ricchezza (Pil) che è la ricchezza che viene prodotta ogni anno, deve essere distribuita tra il popolo, in una determinata regione, Paese, continente e quant'altro. Perché noi siamo così arretrati, soprattutto in tema ambientale.

Il problema è grande perché non riguarda solo l'energia. Il primo grande problema, secondo me, è sicuramente la guerra dei motori di sviluppo. E, a differenza di quello che poteva essere 20-30 anni fa, i motori di sviluppo non sono più legati a industrie che sanno fare buoni prodotti e li lanciano in giro per il mondo, avendo la supremazia. Dico questo perché spesso sento dire che noi in Italia dobbiamo tenere alto il discorso delle manifatture, che è cosa vera, ma se ci limitiamo a questo, abbiamo già vinto. E molto spesso si dice questo, perché è la cosa più facile da dire; siamo un Paese storicamente manifatturiero e quindi dire: se stiamo su quello che sappiamo fare, va abbastanza bene, è ragionevole ma non è sufficiente.

Oggi la competizione nel mondo si fa tra una cosa che assume sempre più importanza: la grande città. I motori di sviluppo sono le grandi città. Non c'è più la competizione tra l'Italia e la Germania, o tra la Francia e la Gran Bretagna, la competizione del motore di sviluppo si concentra su quelle che sono le masse critiche degli eventi militari e dell'economia. Prima di tutto su quelle di produzione, cultura e occupazione di qualità. E si può fare se stiamo in un ambiente sufficientemente grande e ricco per dare cose innovative da poter offrire al mondo in competizione con gli altri Paesi. È tanto vero questo che sia in Italia, sia nel mondo sono molto più accessibili le grandi città, di quanto lo siano i paesini che stanno a fianco.

Con l'Alta velocità voi andate a Napoli in un'ora ma se volete andare in una città della Sabina ci vuole qualche ora per 55 chilometri. Capite che la vivibilità di queste città sono totalmente diverse. Queste città sono così talmente interconnesse fra di loro che le relazioni fra esse sono più strette di quanto è avvenuto sul territorio vicino. E molto più facile andare da Roma a Parigi che da Roma a una piccola città del Lazio. Questo perché se non abbiamo quelli che oggi sono i motori di sviluppo, e le grandi città, efficienti ed efficaci nel produrre sviluppo, non riusciamo a competere. E se queste città, tra di loro, a livello nazionale, non sono strettamente legate in modo da poter competere con le altre regioni del mondo per avere una forza sufficiente per competere, non c'è spazio per la competizione. Ci sono in Cina già 13 grandi città, qualcuno le chiama megalopoli, o grandi aree metropolitane, qualcuna ha 13 milioni di abitanti (quattro volte Roma) fortemente integrate tra di loro e con il mondo. in Italia e nel mondo, soprattutto in Italia, diventa la questione centrale per la sopravvivenza del Paese. Se non funziona Milano - la più grande concentrazione urbana che c'è, 8 milioni e mezzo di persone - e se non funziona Roma, con circa 3 milioni e mezzo di persone (e siamo piccoli di fronte agli altri) com'è possibile pensare che la nostra economia riesca ad affrontare le stime e come riesca a garantire alla popolazione prospettive di benessere? La grande città è la questione più importante d'Italia.

Sono vent'anni che si parla di grandi aree metropolitane e ora con la loro l'attuazione finalmente sapremo qualcosa. Ma, con la confusione terribile italiana, non si può mettere sullo stesso piano Milano e Roma, o Bologna (io vengo da Bologna, 400-450 mila persone) oppure Firenze. Parliamo di cose completamente diverse che nessun Paese confonderebbe. Noi le confondiamo e pensiamo a idee di distribuzione di risorse, che sono assolutamente sbagliate e inefficaci, se vogliamo proporre il benessere diffuso e produrre un sistema di sviluppo per le nostre grandi città.

Le nostre università non funzionano perché hanno perso nel tempo la loro capacità di leader.

Visto che qui ci sono molti giovani, vi racconto la mia storia. Quando andavo all'università ce n'erano in tutto 10-12, di cui 4-5 buone, le altre mediamente buone. C'erano facoltà sufficienti, con 3.000 ordinari, che sapevano. E tutti coloro che volevano andare l'università, facevano tremendi sacrifici (per chi non aveva quattrini). Io mi auto-pagavo l'università con pre-salari, borse di studio e lavoro: facevo tanti sacrifici per andare nella "fabbrica" del sapere che non era Harvard, ma era un buon ateneo. Ricordo il pellegrinaggio che si faceva per andare nei centri di Formazione, importanti per giocare la propria partita e per avere il titolo di studio. Il fatto di aver creato cento università, una o più in ogni provincia, porta la dispersione assoluta e senza la concentrazione non è possibile poter competere con gli altri Paesi: questo compito è affidato alla grande città che funziona, un tempo centro di educazione di promozione.

In Italia si è voluto fortemente abbattere questo tipo di missione che deve rimanere integra, così come gli elementi del luogo, della missione politica, della formazione: prima esistevano della macchine capaci di poter in qualche modo decidere nella città, ora invece…

La grande città ha avuto un percorso folle. Siccome non aveva le situazioni di sostegno come gli altri grandi centri nel mondo ha utilizzato, con le risorse per poter in qualche modo sopravvivere, il cosiddetto "grande sacco" degli anni '60 a Roma. Tanto i soldi andavano in tasca di quelli che rubano, e con i soldi venuti fuori per i diritti di urbanizzazione si poteva alimentare la macchina dei servizi fatti per la città. Veniva fuori, così, una città informe, priva di rete di fogne e di servizi, incapace di riprodurre al suo interno una vita di alta qualità. Al di là di pochissimi uomini che mantenevano i centri storici, con la loro natura storicamente acquisita e alimentati in qualche modo.

Se guardate le vostra città, (1 milione e mezzo a Roma), abbiamo un territorio che è tre volte più grande di qualsiasi altra città europea. Sapete cosa vuol dire di tre volte? Quando andate a fare le fogne, sapete che costano tre volte in più che in altre città, così le strade, la rete elettrica, i mezzi di comunicazione, del trasporto e così via. E qual è il risultato? È che molti di questi servizi non si hanno. E Roma credo abbia ancora un 20% della città senza sistema fognario. Sto parlando di fogne e non parliamo di quelli che sono underground o dei servizi ferroviari o del sistema dei rifiuti.

Se non recuperiamo questo e non facciamo chiare le legislazioni con la protezione delle nostre grandi città e nel formulare la produzione dei servizi, non avremo una rete di sviluppo. Cosa vuol dire? Un paese di 550 persone, dove io amo andare nei fine settimana, invece di stare in un territorio di parecchi chilometri quadri con servizi pubblici sparsi sul territorio, può essere concentrato in una palazzina di 20 piani. In quel caso tutti i servizi, dalle fogne, alle pulizie, all'elettricità, ai rifiuti, al riscaldamento, sono privati e fanno parte del condominio. Bisogna cambiare la formula, "smettere di espandersi", anzi trovare la formula di tornare indietro, concentrando i sistemi di attività come quelli ecologici. Se non facciamo questo non avremo nessuna possibilità di recuperare, perché non avremo soldi sufficienti, non solo per costruire, ma per gestire e mantenere servizi che sono di alto costo. Riguardo ai trasporti dico che stiamo investendo 2 miliardi di euro con autofinanziamento (non soldi dallo Stato), per poter riprodurre innovazione, sviluppo, lavoro, capacità competitiva del nostro sistema di riferimento, per una città competitiva rispetto all'Europa.

Abbiamo sicuramente delle lacune enormi: il primo è il trasporto locale e il regionale.

Non ci sono soldi a disposizione per poter fare quello che si vuole fare. Quando mi sento dire: perché non fate di più? La risposta è semplice: con i soldi che oggi abbiamo a disposizione, noi non riusciamo a fare di più. Confrontando la nostra esperienza con la migliore d'Europa, noi prendiamo per un passeggero che si muove per un chilometro 10 centesimi di euro, di cui 3,8 dal cittadino e il resto dalla Regione. In Germania abbiamo una proiezione di lavoro nostra al 51% e prendiamo 21 centesimi di euro, di cui 8 dal cittadino e 13 dall'ente. È evidente che lì il servizio che possiamo offrire è migliore di quello che diamo in Italia.

Tra l'altro quei servizi li abbiamo dovuti pagare per l'ottimizzazione nell'ambito dell'offerta. Grande problema risolvere questa partita che va affrontata nella logica di riuscire a razionalizzare la vita della città e riuscire ad evitare sovrapposizioni. La prima cosa che dovete fare è razionalizzare la vita della città e andare in bicicletta. Questa città si presta molto bene ad andare in bici. Io vengo da Rimini e tutti vanno su due ruote e il traffico non c'è. Immaginate se sulla via Nomentana ci fosse una pista ciclabile, così per altri tratti importanti, ci sarebbero tanti ciclisti e poco traffico. Il problema gravissimo per il Paese non è solo legato al traffico tra città e città, ma ha un sistema logistico concentrato sul trasporto merce su gomma che ha immediate ripercussioni sulla vita della città. Siamo l'unico Paese al mondo che sta incentivando i camion, con più di un miliardo all'anno, piuttosto che incentivare le ferrovie.

Noi abbiamo grandi risultati quando andiamo dalla val Padana verso il Po e dal Po passiamo in Svizzera e Austria. Quando veniamo dalla Padania in giù non sappiamo come metterla perché abbiamo la convenzione dei camion che hanno più incentivi che le ferrovie. Perché quest'alternanza di programmi? Perché il sistema di approvvigionamento delle merci per le città assume riforme diametralmente opposte a seconda che fatte con i sistemi che alterano le funzioni di una città moderna e smart. Dobbiamo invece pensare a una città che sia sostenibile e che produca valori e ricchezza, attraverso le forme che abbiamo detto.

 

Vedi il video dell'intervento sul nostro canale Youtube

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