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Lavori verdi, c'è posto per tutti
Gisotti: “Chi segue studi ambientali ha più possibilità di trovare occupazione”
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16/12/2012

Ho cominciato a fare il giornalista, ma il mio primo lavoro è stato per un giornale di annunci e oggi sono direttore di un Master sulla Comunicazione ambientale. Sono passato dall'informazione alla formazione e sono stato fra i promotori in questa Regione del polo formativo sull'energia e ambiente. Noi formavamo giovani studenti che provenivano dall'università o anche dalla scuola dell'obbligo a lavorare nelle fonti rinnovabili. E con questo polo formativo, ne parleremo più avanti, abbiamo avuto grandi risultati. Tutte le classi che abbiamo avuto, alla fine del corso, hanno trovato lavoro.

Ciò significa che c'è qualcosa di nuovo se si costruiscono percorsi interessanti. Perché abbiamo parlato con le aziende. Per questo, tre anni fa, insieme alla giornalista Tessa Gelisio, abbiamo cominciato a lavorare su questi temi.

Quando parliamo di lavori verdi, si parla anche di donne, come la giornalista di cui vi parlavo prima. Forse nessuno in Italia lo sa, ma secondo il World Economic Forum, la parità sul lavoro, di stipendi e di ruoli, non c'è. Nella classifica mondiale, siamo al 74° posto. Peggio di noi, in Europa, solo Malta. Ecco perché è importante per me aver fatto un libro con una donna, perché è un esempio di parità: io e te abbiamo lavorato insieme, è possibile farlo e serve, soprattutto per le ragazze, a capire che, anche se è vero che non abbiamo grandi leader donne. Ditemi un grande quotidiano di testata con un direttore donna. Non c'è. Eppure le donne possono fare molto. E in questo libro è quello che abbiamo cercato di raccontare: le professioni verdi. Di qualcuna di queste parleremo tra pochi minuti.

Sono anche uno degli autori del rapporto "GreenItaly", fatto da Unioncamere e Fondazione Symbola ed è importane la veridicità dei dati. E io mi scuso in anticipo delle buone notizie. Perché siamo talmente abituati alle cattive notizie che quando dal Rapporto vi darò il numero degli occupati "verdi", voi direte: boom, ma che stai dicendo. Eppure il dato esce fuori.

Quando si parla di ambiente, bisogna capirci. Lo sapete perché la Groenlandia si chiama così? Significa "Terra verde" perché tanti anni fa tutto il territorio era verde. C'è ancora chi pensa che quella terra verde e i cambiamenti climatici non esistono, quando parliamo di ambiente. Parliamo di dati che hanno un ruolo scientifico e sono dati che dimostrano i cambiamenti. E quando parliamo di green economy, di trasformazione di un territorio, d'industrie, c'è un motivo a parte questo.

Noi viviamo dentro un mondo che è in profonda crisi, non solo economica, ma anche ambientale ed ecologica. Prima di darvi qualche buona notizia, vi devo dare qualcuna cattiva.

Come il Rapporto sui disastri in Europa, uscito un anno fa, realizzato sugli ultimi dieci anni. Sapete quante persone sono morte in dieci anni in Europa per i grandi disastri geologici, industrie? 150 mila morti. Quante persone sono rimaste coinvolte? 22 milioni, quasi un terzo di tutta la popolazione italiana. Sapete quanto è costato economicamente tutto questo, in tempi di crisi che ci dicono: spendete di meno, guadagnate di meno? È costato la bellezza di 150 miliardi di euro. Soldi, che in tempi di crisi, non possiamo più permetterci.

L'Italia, se vediamo tutti i giorni, subisce terremoti, inondazioni, frane, per case che non si costruiscono nei posti giusti. Il clima che è cambiato, piove troppo e c'è troppa siccità e quindi le montagne vengono giù e a valle intere città.

Solo nell'ultimo secolo abbiamo avuto 10 mila vittime, 350 mila persone rimaste senza tetto. Un secolo è tanto come periodo. E sul Rapporto dei Rischi degli ultimi 10 anni, questi sono solo esempi. Guardate in giro per l'Europa, ci sono cose che sono sul punto di esplodere se non fate qualcosa. Il Vesuvio è uno degli esempi principi del rapporto. Lì quasi due milioni di persone vivono intorno a questo posto che esploderà, come il peggiore dei libri di fantascienza.

Pagheremo le conseguenze con perdite di vite umane, costi economici. I dati che arrivano del ministero dell'Ambiente, ci dicono che il 70% dei comuni italiani è a rischio ecologico.

Immaginate che per metterle in sicurezza il ministero dell'Ambiente ha stimato lo stanziamento di 44 miliardi di euro. Se questi soldi fossero veramente utilizzati, sapete quanto lavoro ci sarebbe per geometri, operai, ingegneri ambientali? Tantissima economia piccola e sparpagliata, persino il turismo ne godrebbe, perché avremmo posti migliori. Ma non è soltanto questo. Molte industrie in Italia (come l'Ilva) secondo i dati dell'Isvap (agenzia ministero dell'Ambiente) pubblicati su "Nuova ecologia", sono in aree dove potrebbe esserci un terremoto. E sono tante. L'Ilva, il Petrolchimico di Tiriolo (Catanzaro), Porto Marghera (Venezia) sono nate nel 1917 da una grande idea di imprenditori che volevano realizzare il più grande polo chimico d'Europa. Ma non ci sono riusciti. Negli anni '70 Porto Marghera ha solo 60 mila occupati e bisogna partire da quello. E vicino a Porto Marghera vi era una città meravigliosa in quegli anni, la città giardino. In tutto il mondo costruiscono città giardino, perché se in quel posto si creerà occupazione, i lavoratori devono stare in posto che sia felice. Solo che Porto Marghera è come la via dello sciacquone.

Il quadro vero è il 4 novembre del 1966. C'è un'alluvione tremenda che colpisce l'Italia. Lo stesso anno di Firenze con la grande gara di solidarietà per salvare le opere degli Uffizi. Quel giorno l'alluvione colpisce Marghera e si porta via un pezzo di terra, dove doveva essere costruita l'ultima parte di quel grande progetto che era nato nel 1917. All'improvviso comincia il suo declino. Ma il colpo di grazia arriva nel 1973, perché i Paesi arabi per alcune settimane bloccano l'esportazione di petrolio. Quel petrolio non arriva più, costa troppo per Marghera. E Marghera comincia a calare, calare l'occupazione, a diventare un posto complicato, perché poi c'è anche l'inquinamento.

Scopriamo negli anni '80 che l'inquinamento uccide le persone, ci saranno dei processi, senza nessun colpevole, perché saranno caduti in prescrizione. Eppure la storia di Marghera continua oggi.

Perché quest'anno il grande progetto del comune di Venezia, della Provincia, della Regione e del ministero dell'Ambiente ci dice che quel progetto del 1917 forse non era una sciocchezza. E oggi Marghera è il centro di una riconversione industriale, di un progetto di bonifica per creare uno dei siti più importanti della chimica verde in Italia, che vuol dire occupazione. Si tratta di 724 mila ettari, equivalenti a 750 mila campi di calcio. Parliamo di rifiuti. C'è una vignetta di Johnny Hart, 1958, che ci mostra due cavernicoli: uno butta dei rifiuti dentro un fiume e l'altro dice: "Bravo, vedo che hai imparato a guidare un torrente" e l'altro gli risponde: "Bè va beh, ma tra un milione di anni chi vuoi che se ne accorga?" La battuta ci sta. Il nostro problema oggi sono i rifiuti, che siano solidi o gassosi o liquidi. Gli antichi romani i rifiuti, praticamente non li avevano. Nel "monte dei cocci" a Roma, vi sono secoli di anfore. Ma all'epoca non si buttava via niente. La mattina, c'erano "bestioni" che passavano di casa in casa a raccogliere persino la pipì, perché serviva per la concia delle pelli, per fare le scarpe, le cinte di cuoio. All'epoca non avevano bottiglie di plastica o di vetro. Il "rifiuto" è un concetto mentale.

In questi giorni ricorrono i 50 anni di un libro fondamentale: "Primavera silenziosa", della biologa Rachel Carson (Usa, 1907-1964). Sapete perché era chiamata Primavera silenziosa? Se andate in campagna, sentite gli insetti, gli uccelli, i grilli, le cornacchie. Bene. Provate a stare un attimo in silenzio. Ecco, il silenzio totale e senza cinguettii, era quello che la scrittrice udiva, per tutto il giorno, in campagna. Come mai? L'uso indiscriminato del Ddt in agricoltura aveva sterminato gli insetti e gli uccelli non avevano da mangiare ed erano tutti morti. Lei denunciò questa cosa e addirittura si stabilì, in un Congresso americano, con John Kennedy, di far ritirare il Ddt. Cinquant'anni fa una biologa coraggiosa aveva scritto e denunciato sui vari giornali dove scriveva il fatto. I cambiamenti climatici e le nuove paure. Negli anni 80 il film "The day after" (di Nicholas Meyer) mi spaventava a morte. E sulla guerra nucleare e la bomba atomica, il film del 2004 "The day after Tomorrow" (di Roland Emmerich), un filmone di fantascienza, che fanno ancora al cinema.

Veniamo ai giorni nostri, con la scienza e i cambiamenti climatici. Quando gli scienziati scoprono che il clima cambia per colpa dell'uomo e dipende dai nostri rifiuti gassosi, dall'anidride carbonica e non solo, dicono che bisogna intervenire. E passano la palla alle Nazioni che dicono di inquinare di meno.

Fanno il Protocollo di Kyoto, che poi devono applicare con una serie di regole. Come si fa ad inquinare meno? Le leggi dicono, a un certo punto, che l'industria deve produrre qualcosa che non crei fumi, o che consumi di meno o che abbia una tecnologia che produce meno inquinamento. Però bisogna mettersi d'ingegno, essere smart, appunto. Inventarsi qualcosa, dei nuovi procedimenti, nelle fabbriche, nelle macchine che consumino di meno, dei prodotti come il telecomando che sia fatto con una plastica che magari arriva dalle piante, che inquina meno e che sia riciclabile. Quindi cambia l'economia e per cambiare l'economia servono stili diversi. E l'Europa ci dice che nel 2020, per inquinare meno, dovremo cambiare tutto. E allora dobbiamo correre. Green economy e green jobs: quanti sono? Tutti danno delle cifre. Solo sulle fonti rinnovabili, in Europa, dato ufficiale europeo, ne abbiamo 1 milione e 110 mila. Un anno prima ce ne erano 200 mila di meno, vuol dire che c'è una produzione, in Europa. E in Italia? Ce ne sono. Questi dati non possono essere sommati tra di loro perché ogni dato viene dalla sezione di categoria, da una fonte diversa. Per esempio scopriamo le foreste. Perché nelle fonti rinnovabili, energie, sappiamo che hanno dato tanto lavoro negli ultimi anni: si dice 150 mila, secondo l'Ires. Ma nelle foreste, in Italia, lavorano 400 mila persone: 100 mila solo nel sughero. E le foreste sono dei settori considerati dalle Nazioni Unite come importanti, sia nello studio degli alberi, sia perché possiamo fare prodotti di qualità, per il "made in Italy". Ma nei trasporti pubblici? Abbiamo parlato anche di questo. Il trasporto pubblico locale dà lavoro a 105 mila persone. Nelle ferrovie sono 75 mila e 600 i lavoratori. Un migliaio sono con i treni Italo e gli altri con Trenitalia.

Il turismo dà lavoro a 50 mila persone in Italia ed è un settore in crescita e non soltanto turismo nelle aeree protette o nei parchi, ma anche nel settore alberghiero, perché anche gli alberghi si stanno trasformando, perché cambia l'esigenza energetica, il prodotto che offrono, perché i servizi ecologici costano di meno e risparmiano. Anche il riciclaggio dei rifiuti, secondo il Conai, dà lavoro a 76 mila persone. Lo studio, che è internazionale e che monitorizza le discariche, dice che dove si fa energia sfruttandole si crea un posto di lavoro. Se invece parliamo di riciclo si creano 10 posti di lavoro. Cioè rispetto alla discarica e al riciclo verde, il rapporto è di 1 a 10.

L'agricoltura biologica è cresciuta con 130 mila persone che lavorano direttamente nei campi e più di 70 mila che la commercializzano. E l'agricoltura biologica è di grande qualità e sempre più richiesta nei mercati. Quali sono le professioni verdi? Con le Camere di commercio noi abbiamo tutte le professioni verdi perché: l'Istat ci dice che in Italia le professioni in classifica sono più di 800 e il 40% del lavoro è nella green economy. Abbiamo 317 professioni. Alcune buone notizie provengono dal made in Italy. Nel 2011 abbiamo avuto 97 mila assunzioni (16,4%) green, in senso stretto, che messe con quelle della green economy arrivano a 227 mila (38,1%). I lavoratori che nel 2011 hanno fatto ingresso nel mondo del lavoro erano quasi il 40%, 2 su 5 erano lavori "verdi". Questo significa che chi ha competenze "verdi", rispetto al suo collega che non ce l'ha, ha più possibilità di trovare lavoro. Questo vale nel settore turistico, come nell'edilizia. E vado a concludere dicendovi che le offerte formative sono tante e noi siamo anche disponibili a venire nelle scuole a parlarne, ci sono tanti percorsi interessanti. In Italia chi studia chimica ha il posto di lavoro assicurato. Ma l'anno scorso abbiamo avuto solo 119 laureati in chimica, rispetto ai 43 mila nell'economia. Bisogna parlare di queste cose per capire dove trovare lavoro e dove i giovani hanno reale possibilità di riuscire. Chi segue il percorso di studi ambientali ha più possibilità di trovare lavoro. Sono tanti. Gli Its (Istituti tecnici superiori) sono partner dell'università, durano di solito 2 anni e danno un'immediata apertura al mondo del lavoro. Ce ne sono pochi in Italia, solo 62, ma sono importanti perché in due anni s'impara a fare le cose utili ad entrare nel mondo del lavoro. Cercate su Google e andate alla pagina di tutti i corsi disponibili che ci sono in Italia, e vedete se c'è qualcosa che vi può interessare.

Noi quando parliamo del lavoro, anche in famiglia, siamo abituati a quelle 8 ore della giornata, e diciamo che "pizza andare a lavorare". Ma non è così, il lavoro fa parte della nostra vita, Se noi riusciamo a fare il lavoro che ci piace, magari un lavoro verde nella green economy, saremo felici. Come i ragazzi in Indonesia che hanno chiuso la più grande Conferenza mondiale dei giovani con questa frase: "La green economy è solo il nostro futuro, piuttosto che il futuro da scrivere".

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