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Date da mangiare alle persone ciò che dareste ai vostri figli
È il credo del Gruppo Barilla: il suo rapporto con l’ambiente e il territorio dove opera
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25/05/2013

Nata a Parma nel 1877, da una bottega che produceva pane e pasta, la Barilla ancora oggi, dopo 130 anni di esperienza imprenditoriale arrivata alla quarta generazione con i fratelli Guido, Lucia, Paola ed Emanuela, è un'azienda a gestione famigliare dove i concetti di sostenibilità e l'impegno verso il territorio in cui opera, contano tanto quanto mantenerla in piedi per passarla alle sue generazioni future. Oggi è tra i primi gruppi limentari italiani, è leader nel mercato della pasta nel mondo, dei sughi pronti in Europa continentale, dei prodotti da forno in Italia e dei pani croccanti nei Paesi scandinavi. Pietro Barilla diceva: "Date da mangiare alle persone ciò che dareste ai vostri figli" questo anche lo slogan del Rapporto sul Business Sostenibile 2012 della Barilla. La sostenibilità intesa come "driver", che tocca ogni ambito di attività imprenditoriale ed elemento guida verso il perseguimento degli obiettivi strategici aziendali, riassunti in ben 23 obiettivi operativi. Per saperne di più, Eco-news ha intervistato Luca Ruini, da quasi vent'anni alla guida del reparto che si occupa di sostenibilità del Gruppo Barilla.
Per quanto riguarda il vostro rapporto con Parma e col territorio rispetto proprio all'Emilia Romagna, cosa vuol dire essere nati in quella Regione? Avete subito danni dal terremoto, conoscete aziende locali che ne hanno avuti e vi è stata solidarietà per la ricostruzione?
Siamo un'azienda famigliare che vive sul territorio e abbiamo forti legami con il mondo culinario, con la Food Valley dell'Emilia Romagna. Pensando a tutto quello che è successo alla Regione con il terremoto nel maggio 2012, abbiamo dato il nostro supporto sia in termini di cibo, fornendo più di 135 tonnellate di prodotti da forno, sughi e pasta, mettendo a disposizione le nostre cucine nel Campo di Rovereto di Novi di Modena e distribuendo a circa 200 ersone al giorno quasi 9500 pasti completi. Un intervento durato venti giorni, quando il Campo è stato smantellato e il Campo Nuovo è stato dotato di una mensa della Croce Rossa. Dopodiché sono stati anche raccolti una serie di fondi per ricostruire una scuola insieme alla Provincia, l'istituto tecnico Gallileo Galliei di Mirandola, per dare supporto a oltre 1000 studenti della città.
Che cosa intende l'azienda quando, nella sezione che spiega la "strategia per un business sostenibile", parla di "prestare cura verso lo sviluppo dei territori in cui l'azienda si muove"? I siti di produzione inquinano molto e/o avete in programma anche una riduzione di CO2 per salvaguardare il territorio dove operate? Quando parliamo di sostenibilità ci si muove fondamentalmente su due livelli. Da una parte la Barilla, con il suo Centre of Food and Nutrition (Bcfn) ha sviluppato il concetto della doppia piramide alimentare ed ambientale (foto pag. 7). Sostanzialmente il modello della doppia piramide vuole dare una risposta alla domanda: "In funzione delle diete che seguiamo che impatto ha quello che mangiamo tutti i giorni? Che differenza di impatto vi è tra il mangiare con un modello simile a quello americano, rispetto alla dieta mediterranea individuata e sviluppata dai medici americani nel dopoguerra?" IL Bcfn ha raccolto quindi una serie di dati pubblici di impatto ambientale e degli alimenti intesi sulla base di tre indicatori: il Carbon Footprint - la quantità di CO2 emesa dalla produzione di determinati alimenti, il Water Footprint - che rappresenta la quantità di acqua necessaria per produrre determinati alimenti e l'EcologicalFootprint - che rappresenta la capacità che la terra ha di rigenerare le risorse utilizzate e riassorbire i rifiuti e le emissioni generate. Ovviamente tutto questo in una logica di analisi condivisa. Non soltanto tenendo conto degli impatti che hanno le singole produzioni, ma anche nel cao della pasta per esempio, tenendo conto dell'impatto ambientale legato alla coltivazione del grano duro necessario. Raccogliendo tutti questi dati viene fuori che ci sono degli alimenti che hanno un minore impronta ecologica e altri con una maggiore. Per esempio: la frutta e verdura hanno un impatto ambientale inferiore rispetto a tutto il mondo dei cereali. La pasta si colloca nella parte medio-bassa della piramide, mentre tutta la produzione di prodotti trasformati, i formaggi, le carni e i pesci si collocano in alto. Dati questi abbastanza ragionevoli perché per far crescre un animale devo dargli del mangime, che devo produrre e solo dopo posso mangiarne le carni di questo animale. Ecco che seguendo le raccomandazioni dei nutrizionisti, quindi mangiare molta frutta e verdura, molti cereali e meno carne e formaggi, otteniamo una corrispondenza anche nell'impatto ambientale. Tutto questo è raccontato attraverso il concetto della doppia piramide del Centre of Food&Nutrition, rappresentata come due icone, da una parte la piramide nutrizionale, che è quella classica che ormai gira da quasi vent'anni, e accanto la piramide ambientale che usa vari indicatori. Le due non si discostano più di tanto e la cosa interessante è che mangiando secondo le raccomandazioni dei nutrizionisti, si riduce di un terzo l'impatto ambientale causato dagli alimenti, numeri che sono decisamente significativi. Quindi: "Attenzione, ciò che mangiamo ha un impatto sull'ambiente"! Il mondo dei cereali, raccomandato da un punto di vista nutrizionale ha anche un più basso impatto ambientale rispetto ai prodotti trasformati. Questo da una parte. Dall'altra parte invece, sempre prendendo l'esempio il mondo della pasta, è capire in che modo sia possibile coltivare il grano duro in modo più sostenibile.
Che ruolo svolge il Barilla Center for Food&ampNutrition nel contesto di sostenibilità dell'azienda?
Il Centro è nato quasi cinque anni fa con l'obiettivo di guardare alle tematiche emergenti, quelle legate alla sostenibilità e all'economia come anche quelle legate all'impatto dell'alimentazione rispetto alla salute e gli influssi sulla cultura da un punto di vista del mond del food. Il Bcfn si occupa di indagare il mondo della nutrizione e dell'alimentazione mettendolo in relazione con le tematiche ad esso correlate: economia, medicina, nutrizione, sociologia, ambiente. L'obiettivo è di raccogliere e consigliare il mondo degli stakeholder e l'azienda, per poter mettere insieme le categorie volte a sviluppare progetti per il futuro, per una strategia a lngo termine e per realizzare prodotti nuovi in linea con questo tipo di modello.
Avete fissato ben 23 obiettivi di sostenibilità, un piano iniziato nel 2008 e destinato a chiudersi nel 2014. Cosa vi ha spinto a ragionare su questo?
Abbiamo deciso di occuparci di questo tema nel 2008, anche se già prima erano molte le attività attente all'ambiente, anche se non inserite in un modo strutturato e non venivano molto esternate. Quando il nostro presidente ne parla si evince già molto del suo impegno durato nel tempo: "Io ho un'azienda che ho ereditato e che devo cedere alla generazione futura. Per me è questo passare l'azienda alle generazioni future che spiega il voler lavorare in termini di sostenibilità". In francese, quando si parla questo si parla di "durable", che dura nl tempo, questo rappresenta l'essenza del tema, l'essere sostenibile nei confronti delle generazioni future. Dunque c'è tutta una storia dietro. Tra i 23 obiettivi di sostenibilità troviamo anche la riduzione di emissione di CO2. Negli ultimi anni abbimo fatto tutta una serie di interventi all'interno delle nostre fabbriche volti a ridurre le emissioni nocive. Oggi i prodotti dei pastifici e dei forni emettono quasi il 21% in meno di tonnellate di CO2 per tonnellate del prodotto finito. Abbiamo anche sottoscritto l'impegno di ridurre del 30 % entro il 2014 le tonnellate di CO2 per tonnellate di produzione realizzata.
Che cosa è stato già raggiunto e dove invece siete rimasti indietro?
In tema di riduzione CO2 siamo nei termini, abbiamo ridotto di quasi il 19% i consumi di acqua utilizzata internamente. Già prima del 2008 un grosso lavoro era stato fatto, visto che avevamo già ridotto del 30% i consumi idrici. Secondo me stiamo quasi raggiungendo l'obiettivo di avere il 98% delle nostre confezioni e imballaggi per il trasporto merce come riciclabili, questo un altro tema rilevante per i nostri consumatori. Abbiamo trovato il modo di confezionare tutti i nostri bisctti della Mulino Bianco e Pavesi, con un prodotto riciclabile con la carta. Si tratta sempre di plastica - alluminio - carta, per poter conservare la fragranza del biscotti, ma i nostri tecnici sono riusciti ad aumentare la carta nell'insieme della confezione di modo che il tutto possa essere riciclabile nella carta. Nei supermercati trovate molti dei nostri biscotti Pavesi e Mulino Bianco con un'icona verde. Questa è un'altra cosa che abbiamo fatto insieme al reparto Marketing. Abbiamo deciso di mettere su tutti i nostri imballaggi un'indicazione chiara per determinare in quale tipo di raccolta differenziata gettare l'imballo una volta consumato: vi è l'icona verde per la carta, l'icona gialla per il mondo della plastica e l'icona grigia quando l'imbalo non è riciclabile. Si può dire che non siamo rimasti indietro su nulla e stiamo lavorando correttamente su tutti i 23 obiettivi prefissati nel 2008 e volti a chiudersi nel 2014.
Rispetto a vostri competitor credete di avere un programma ambientalista ambizioso e, se si, perché? Avete ricevuto dei riconoscimenti per questo?
In tema di competitor siamo un'azienda che sta crescendo, ma rispetto ad altre siamo molto piccoli. In tema di riciclabilità degli imballi siamo abbastanza aggressivi, per la riduzione del CO2 siamo invece meno efficienti di altre aziende alimentari. Per quanto riguarda i premi, abbiamo ricevuto per due anni di fila, dal momento in cui siamo passati all'uso di uova allevate da terra, dal CompassionFarming, una grossa associazione non governativa, il premio "GoodEgg". Poi siamo stati scelti l'anno scorso durante il World Water Forum che si è svolto a Marsiglia, come esempio interessante di azienda sostenibile da raccontare. Come state affrontando la crisi economica? Si sta cercando di dare impulso all'internazionalizzazione e stiamo spingendo su Paesi emergenti come il Brasile e la Cina, cercando di aumentare la nostra presenza in queste aree.

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