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Last minute market
Un’associazione per eliminare gli sprechi e aiutare gli indigenti
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16/05/2012

Il problema dello spreco alimentare ha ormai da tempo toccato cifre preoccupanti: si calcola che a oggi il 50% degli alimenti viene gettato, non sono sulle tavole dei commensali ma anche nei punti vendita commerciali, ristoranti, supermercati, bar.
Il tutto senza considerare, altresì, che le eccedenze alimentari hanno un costo di tipo economico, dovuto alla loro stessa produzione e uno di tipo ambientale derivato dal loro smaltimento, al pagamento delle tasse dovute per i rifiuti prodotti e al prezzo da pagare per conferire gli stessi alle discariche. Il poter fare in modo che determinati beni non divengano un rifiuto, ma trovino piuttosto nuovi canali di utilizzazione, non è quindi solo eticamente e moralmente corretto, ma lo è anche da un punto di vista meramente economico. Trasformare lo spreco in risorse è l´obiettivo primario del progetto Last Minute Market: un "mercato" dove per favorire gli indigenti, gli ultimi, non bisogna sprecare neppure un minuto e neanche un prodotto. Last Minute Market (il nome dato all'iniziativa deriva dal fatto che il progetto crea un mercato parallelo "il mercato dell'ultimo minuto", perché i beni sono prossimi alla scadenza o perché in via di dismissione, e inoltre fa intendere che venire in aiuto dei cittadini bisognosi è urgente) è un'iniziativa sociale, nata da uno studio condotto nel 1998 dalla Facoltà di Agraria dell'Università di Bologna, sotto la supervisione del prof. Andrea Segrè.
Oggi L.M.M. è una società spin-off dell'università di Bologna che, nel corso degli anni, ha attivato molti progetti in Italia e all'estero (Brasile e Argentina), che ha messo a punto un modello di recupero dei beni non venduti o non commercializzati, ma ancora perfettamente salubri e utilizzabili a favore di enti caritativi, in un´ottica di trasformazione dell´invenduto e quindi rifiuto, a prodotto utile per chi ha un potere d´acquisto molto ridotto. Tale modello di recupero, esteso anche ad altre tipologie di beni: libri, parafarmaci, prodotti agricoli, pasti pronti etc., viene concepito come fornitura di un servizio per chi li produce, cioè le imprese commerciali per chi li consuma, ovvero i bisognosi attraverso gli enti di assistenza e infine per le istituzioni pubbliche (come Comuni, Province, Regioni, Asl..) e per la comunità che conseguono benefici indiretti, ambientali e sociali, ad esempio vedendo diminuire il flusso di rifiuti in discarica e vedendo migliorare l'assistenza alle persone svantaggiate.
Il sistema distributivo diventa, dunque, più efficiente: difatti le imprese diminuiscono il costo di smaltimento dei rifiuti, anche attraverso la gestione di eccedenze in maniera innovativa, migliorando così il legame con il territorio. Inoltre le istituzioni pubbliche e la collettività beneficiano della diminuzione di rifiuti in discarica e del miglioramento dell´assistenza alle fasce più deboli della società. Anche il terzo settore quindi riduce i suoi costi di gestione e viene aiutato nell'opera di assistenza. Questo surplus inutilizzato (c.d. "eccedenze") può dunque essere prelevato e messo a servizio della comunità dei cittadini indigenti, dei senza tetto, delle Onlus e delle associazioni di beneficenza, ed anche dei paesi in via di sviluppo: è il caso di Ferrara ad esempio, dove le imprese donatrici hanno destinato il risparmio ad attività di cooperazione internazionale. Dunque, un'Istituzione (pubblica o privata) può realizzare grazie a L.m.m. una rete locale in grado di avvicinare le imprese (for profit) del territorio alle realtà del terzo settore (enti e associazioni no-profit), una rete di donatori/beneficiari, in cui incrociare al meglio domanda e offerta, monitorare il sistema di recupero, attivare procedure in conformità con le normative vigenti, realizzare percorsi comunicativi e informativi e valutare gli impatti positivi sul territorio. Tale rete quindi è dunque un esempio concreto di sviluppo eco-sostenibile, che ha anche un grande impatto educativo nella sensibilizzazione dell'opinione pubblica alle problematiche dello spreco e di un consumo consapevole. Infine si osserva che la Commissione per l'Agricoltura e lo Sviluppo rurale del Parlamento Europeo ha portato all'attenzione dell'assemblea di Strasburgo una propria proposta di risoluzione, da fare adottare alla Commissione Europea. Il testo, illustrato dal relatore europarlamentare Salvatore Caronna, si pone lo scopo di inserire, nell'agenda delle istituzioni comunitarie, la priorità di "affrontare con urgenza il problema dello spreco alimentare (negli Stati dell'Unione) lungo tutta la catena dell'approvvigionamento e del consumo" e di "definire strategie per migliorare l'efficienza della catena agroalimentare comparto per comparto". Tale testo della Commissione Agricoltura di Strasburgo denuncia come lo spreco di cibo risulti insostenibile sia da un punto di vista sociale che da un punto di vista ambientale. Con una popolazione mondiale in continua crescita (nonché con 79 milioni di individui che, solamente all'interno dell'UE, vivono ancora al di sotto della soglia della povertà ), sprecare le risorse alimentari diviene un fatto assolutamente intollerabile. Inoltre l'impatto provocato sull'ambiente dallo spreco di alimenti, produce milioni di tonnellate di anidride carbonica: gas, insieme al metano (sempre derivato da sostanze alimentari non consumate), responsabile dell'effetto serra che affligge il nostro globo. Oltre al danno ambientale causato dal cibo non utilizzato, vanno poi considerate, come ulteriore nocività, si rimarca, le notevoli spese per il trattamento e lo smaltimento degli alimenti/rifiuti. Tale risoluzione, chiede "una strategia coordinata, seguita da azioni concrete e da uno scambio delle migliori prassi a livello europeo e nazionale", così da migliorare il coordinamento tra gli Stati membri, nell'ottica di evitare e prevenire gli sprechi alimentari e di migliorare l'efficienza della catena agroalimentare. Inoltre, suggerisce di "promuovere relazioni dirette fra i produttori e i consumatori, accorciando la catena dell'approvvigionamento alimentare (secondo il concetto della filiera corta )". In più: si vorrebbero indurre tutti i soggetti interessati, al fine di farli adoperare per il miglioramento ulteriore della logistica, del trasporto, e della gestione delle scorte e degli imballaggi. E tutto ciò, perché - come spiega sempre la risoluzione in oggetto - nei Paesi industrializzati la parte più consistente dello spreco alimentare si concentra nelle ultime fasi, ovvero in quelle della distribuzione e del consumo. La lotta allo spreco delle sostanze commestibili dovrà divenire una priorità all'interno dell'agenda politica europea. Per tale motivo la stessa Commissione per l'Agricoltura ha richiesto insistentemente di proclamare il 2014 "Anno Europeo contro gli sprechi alimentari". 

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