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Acquacoltura Vs. Ambiente, convivenza possibile?
L’acquacoltura è il settore a più forte crescita nella produzione di cibo e affronta ora la sfida della sostenibilità
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10/07/2015

L’acquacoltura minaccia il turismo e l’ambiente? Di questo erano convinti gli abitanti di alcune isole greche delle ionio (Lefkada, Meganisi, Kalamos e Kastos) quando insieme ai pescatori hanno avviato una protesta contro il progetto di costruzione di allevamenti intensivi di acquacoltura attorno alle coste, ritenendo che avrebbero distrutto non solo un ecosistema incontaminato, ma anche il turismo. Proprio sulla convivenza tra acquacoltura, protezione dell’ambiente, tutela delle attività che si svolgono lungo le coste, sfruttamento delle risorse, in ultima analisi sostenibilità, si gioca il futuro di una attività che nei prossimi decenni sarà essenziale per nutrire il pianeta. Attualmente, un quarto dei prodotti ittici consumati nell'UE (comprese le importazioni) sono prodotti da aziende di acquacoltura; e negli ultimi anni 1,24 milioni di tonnellate di prodotti ittici sono stati prodotti ogni anno in Europa per un valore complessivo di € 3.510.000.000. Ci sono oltre 14 000 imprese di acquacoltura nella UE che impiegano direttamente 85 000 persone: In Europa vi è un crescente divario tra la quantità di pesce consumata e la quantità del pescato, che è in costante riduzione. Guardando questi numeri, la Commissione europea spinge per un incremento di un’acquacoltura responsabile nei confronti dell'ambiente. Proprio per avviare l’acquacoltura sulla strada della sostenibilità, l’Agenzia Europea dell’Ambiente ha realizzato un rapporto che presenta una panoramica degli impatti di acquacoltura. I maggiori pericoli che arrivano dall’acquacultura all’ambiente e alle risorse si chiamano inquinamento organico, e eutrofizzazione, antibiotici, utilizzo di “junk fish”, pesci di scarso valore commerciale, nei mangimi. Negli ultimi anni però sono stati fatti numerosi passi in avanti sulla strada della sostenibilità e sono numerosi gli esempi in Europa. In materia di eutrofizzazione è stato rilevato che allevamenti di bivalvi e alghe assorbono i nutrienti presenti nelle acque. Ad esempio in Danimarca è stato registrato che 50-60 tonnellate di cozze allevate per ettaro eliminano 0,6-0,9 tonnellate di nitrati e 0,03-0,05 tonnellate di fosfati per ettaro. Una buona pratica da seguire è quindi quella di allevare crostacei ed alghe accanto ad allevamenti di pesci tradizionali così da diminuire drasticamente l’inquinamento da nutrienti. Contro gli antibiotici usati per combattere le malattie e le infezioni nei pesci di allevamento sono stati sperimentati vaccini e in Norvegia ad esempio un vaccino sperimentato in un allevamento di salmoni ha tagliato del 90% l’uso di antibiotici e ha fatto raddoppiare la produzione. Sul fronte del depauperamento delle risorse un problema pressante è l’utilizzo nei mangimi di pesci scarsamente commerciabili. Per riportare il settore alla sostenibilità sarebbe necessario ridurre del 50% entro il 2050 questo utilizzo. Ma per rendere l’acquacoltura realmente sostenibile, come sottolinea la Commissione, è necessaria una pianificazione accurata da parte degli Stati delle attività che si svolgono in mare e la Direttiva MSP (maritime spatial planning) dovrebbe dare le linee guida per questa pianificazione e migliorare quindi la sostenibilità dell’acquacoltura.

Immagine: Allevamento a Bussi, in Abruzzo

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