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Made in Carcere, modello socialmente sostenibile
Da bancaria a imprenditrice eco: Luciana Delle Donne racconta la sua Officina Creativa, laboratorio della “seconda chance”
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25/05/2013

"Nomen est omen", ossia "il nome già contiene un presagio" avrebbe detto Plauto in riferimento a Luciana Delle Donne (foto in basso) fondatrice nell'autunno del 2006 dell'Officina Creativa (società cooperativa sociale no profit che opera sul territorio salentino). Una "filiera virtuosa", un modello di sviluppo sostenibile e, allo stesso tempo, "socialmente di sostegno" in particolare verso donne ai margini della società. Infatti, con la creazione del marchio Made in Carcere® 16 donne, detenute del carcere di massima sicurezza Borgo S. Nicola di Lecce e del carcere di Trani, realizzano nel laboratorio sartoriale dell'Officina shopper per fiere, gadget socialmente utili per convegni ed eventi, shopper bag ed accessori con i tessuti di scarto e riciclati recuperati da aziende pugliesi sensibili all'iniziativa. Luciana Delle Donne è l'amministratore unico di questa realtà dopo aver maturato una pluriennale esperienza nel settore bancario in qualità di top manager, quale ideatrice, creatrice ed organizzatrice del primo modello di Banca telematica multicanale in Italia (Banca 121) e poi nella costruzione di piattaforme di Knowledge Managent come strumenti di lavoro per "Customers and Employees" in SanPaoloIMI.
Come e perché è nato questo progetto?
Dopo 22 anni di carriera nel mondo della finanza, desideravo offrire le mia capacità nei contesti di disagio, dimostrando che se hai un'idea di buon senso e innovativa puoi avere successo e aiutare il benessere della comunità. Il progetto nasce dall'esigenza di rivedere alcuni schemi di modelli di sviluppo sostenibile, diffondendo la teoria della seconda opportunità sia per le materie prime (tessuti di recupero che acquistano nuovi utilizzi quotidiani) sia, e soprattutto, per le donne detenute che oltre ad imparare un mestiere, costruiscono un percorso di riavvicinamento al mondo reale. Così vincono tutti gli attori coinvolti: l'ambiente attraverso il recupero delle rimanenze di tessuto e altro in giro per l'Italia, e l'inclusione sociale attraverso il lavoro offerto nelle carceri femminili in Puglia. Le nostre borse nascono soprattutto per essere offerte in occasione di seminari e convegni, ma sono così belle che poi continuano a vivere spesso per anni. In tal caso, la borsa con il logo dell'azienda che sponsorizza l'evento continua ad essere presente nella quotidianità della vita di chi la "possiede" e fa "comunicazione sociale" nel tempo.
Dal momento che il "partner", per quanto riguarda le risorse umane, è il carcere, quali sono stati i principali ostacoli posti dalle istituzioni che si sono dovuti affrontare?
Ogni cosa considerata innovativa all'inizio "disturba" perché mette in discussione tutto il lavoro prima! Nella mia "vita precedente", occupandomi di innovazione tecnologica, avevo seri problemi per poter far emergere la convenienza della mia attività: avevo creato la prima banca on line in Italia e non è stata una passeggiata! In entrambi i casi (in banca prima, in carcere poi) occorre una direzione illuminata che approva e protegge le creature che si apprestano ad affacciarsi al mercato. Nel caso del carcere, inoltre, è la questione della sicurezza, la prima difficoltà. Dico spesso che Impresa sociale è un ossimoro, o è impresa o è sociale: la nostra sfida invece è quella di far convivere e vincere tutti e due i temi.
Come è stato finanziato inizialmente il progetto imprenditoriale e, attualmente, come si "auto-finanzia" l'impresa?
Sin dall'inizio Regione Puglia ha sostenuto l'iniziativa acquistando le nostre shopper bag per promuovere il territorio. È stato un importante volano di diffusione del progetto: molti clienti ci hanno conosciuto attraverso le suddette promozioni in giro per il mondo ed ora acquistano le nostre bag apponendo il loro logo come sponsor. Al di là del ricavo legato alla vendita dei manufatti, abbiamo avuto alcuni sostegni alle assunzioni all'inizio dell'attività, pari più o meno ai primi sei mesi di assunzione, come qualsiasi altra impresa che assume a tempo indeterminato. Usufruiamo dei contributi della legge Smuraglia per le assunzioni effettuate nel carcere e di altri in relazione a due progetti di sostegno alla formazione delle risorse in carcere, svolti rispettivamente dall'Istituto professionale De Pace di Lecce e da Cassa Ammende.
Quale impatto e risposte ha avuto questo modello imprenditoriale sul territorio regionale e nazionale?
L'importanza dell'impatto sociale di questo modello spesso non è riconosciuta sul nostro territorio. In particolare, a Bruxelles e in Inghilterra abbiamo avuto maggiori riconoscimenti e conferme dell'esattezza del modello. Io sono stata nominata ambasciatrice dell'imprenditoria femminile in Europa rappresentando l'Italia all'apertura della Settimana dedicata dell'Imprenditoria femminile. Tuttavia, negli ultimi anni, anche in Italia si sta muovendo qualcosa: la forte crisi obbliga a un ripensamento dei modelli di impresa e di come stare sul mercato per cui è fondamentale prendersi cura delle cose che già si hanno, dando loro valore e limitandone gli sprechi.
Ci sono criteri in base ai quali le detenute vengono inserite nell'Officina? Ci sono tempi predefiniti per la loro partecipazione a tale lavoro? Che tipo di "inquadramento" hanno nell'impresa?
Il primo criterio di selezione è quello relativo al rispetto delle diversità, religiose, culturali etc.: vivendo in spazi ristretti, è fondamentale creare un ambiente sereno e disteso. Poi si pensa alla formazione che dura circa tre mesi. Dopodiché vengono assunte, quasi sempre a tempo indeterminato lavorano 6 ore al giorno, in modo da poter usufruire delle ore d'aria, e hanno il sabato libero da dedicare a se stesse. Nonostante le richieste che ci vengono fatte, organizziamo gli inserimenti in base alle esigenze: infatti, quando c'è un'imminente fine pena, inseriamo delle risorse che in prospettiva possano sostituire la donna che sarà "liberata". Il turnover è punto di debolezza e di forza al tempo stesso. Di debolezza perché formi una risorsa che dopo qualche tempo vedi andar via per la conclusione della pena detentiva di forza perché si vince sul modello di inclusione sociale: la persona impara un mestiere e, una volta fuori, porta con sé un'esperienza che le permette di proporsi sul mercato del lavoro! Quale impatto ha questa esperienza sullo sviluppo personale di queste donne? Io ritengo che la nuova frontiera della ricchezza oggi sia "dare e darsi". Nel laboratorio con le lavoranti si cerca di sorridere alla vita lasciandosi alle spalle il passato anche attraverso "pillole di incoraggiamento" che attacchiamo sul muro. Ad esempio, "Noi abbiamo sempre la soluzione, i problemi li lasciamo agli incapaci": questo stimolo induce a trovare il lato buono delle cose. Oppure: "Il dolore è una perdita di tempo, e comunque noi non ce lo possiamo permettere", "Noi non cerchiamo i colpevoli, ma solo compagni di viaggio", quest'ultima fa capire che il passato ormai è stato, avendo cura di tutto quello che si farà e mai più di quello che si è fatto.
Gli obiettivi sono stati raggiunti? Sviluppi futuri?
Noi non finiamo mai di raggiungere obiettivi, perché ne nascono sempre di nuovi! Ora, ad esempio, abbiamo avviato un progetto sperimentale con altre risorse disagiate che vengono ospitate sia in carcere che presso degli spazi messi a disposizione dal Comune di Lequile (Lecce), la fabbrica Paladini. Un altro progetto è stato avviato con il comune di Venezia per trasferire il modello di sviluppo da noi collaudato (seppur non necessariamente in un ambiente di detenzione) in questa città. Inoltre, dopo avere abbondantemente "contaminato" il territorio, con la distribuzione di borsette e shopper bag, dai nomi anche ironici (Angelo Custodia, Inseparabili, Doppia faccia, etc.) vogliamo ora costruire un'offerta più sofisticata e raffinata. Abbiamo imparato a cucire bene, e, nonostante il turnover delle donne detenute, si è affinato anche il nostro modello di sviluppo, di insegnamento e di motivazione con le persone coinvolte. Vorremmo, quindi, specializzarci nella realizzazione di accessori più "ricercati", come gli accessori per la tecnologia, ed abbiamo già avviato una collaborazione con Hi-fun per i porta-Mac e i porta-iPad. Ancora più vicina al nostro stile, la collaborazione con Kristina T con cui abbiamo lanciato due modelli di borsette disegnati da lei e realizzati con i suoi tessuti di rimanenza e che verranno presentati in via Solferino a Milano, in occasione del fuori salone dal 9 al 14 aprile.

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