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In Italia rinasce l’industria della canapa
Nel nostro Paese ci sono 400 aziende e 1.200 ettari coltivati in modo sostenibile, per produrre pannelli isolanti e alimenti nutraceutici
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07/07/2015

Fino alla metà del secolo scorso, l’Italia era seconda solo alla Russia per produzione di fibre di canapa. Nella nostra piccola penisola, un francobollo rispetto alle infinite estensioni sovietiche, si coltivavano 100 mila ettari di cannabis sativa, e c’erano impianti di trasformazione degli steli e aziende tessili. Oggi, dopo decenni in cui il patrimonio di biodiversità e competenze legato alla trasformazione della canapa è stato dimenticato, il settore in Italia sta riprendendo vita, grazie anche alla sua impronta economica leggera. “Tra gli anni ‘40 e ‘50, l’arrivo delle fibre sintetiche e una certa confusione con le varietà a più alto contenuto di principio psicotropo hanno portato al crollo del settore. L’industria della canapa è stata così abbandonata e in parte dimenticata”, racconta Cesare Quaglia di Assocanapa, l’associazione nata nel 1998 per dare nuovo impulso al settore.

I numeri oggi sono ancora piccoli, ma fanno l’idea di una coltivazione in continua espansione: 150 aziende agricole e 400 ettari coltivati nel 2013, 350 aziende e 1.000 ettari nel 2014, 400 aziende e 1.200 ettari quest’anno. Una crescita dovuta allo sviluppo di nuovi ambiti di utilizzo della pianta, nei settori dell’efficienza energetica e della nutraceutica. “Nel 2002, quando una circolare ministeriale ha di nuovo autorizzato la coltivazione di cannabis sativa a scopo industriale, abbiamo tentato di dare nuovo impulso al tessile. Ci siamo però dovuti arrendere, perché la produzione non era sostenibile dal punto di vista economico”. A quel punto, l’associazione decide di puntare sull’utilizzo delle fibre per realizzare prodotti per la coibentazione degli edifici (gli steli per produrre pannelli, i canapuli misti a calce per ottenere blocchi isolanti): “Nel 2006 abbiamo aperto a Carmagnola, un tempo centro di produzione delle sementi di cannabis, il primo impianto pilota per la trasformazione delle paglie, a cui se ne è aggiunto un altro l’anno scorso”. Nel 2009 poi, una seconda circolare ha autorizzato l’uso alimentare: “Negli ultimi anni è aumentato l’interesse per le proprietà nutrizionali dei semi, da cui si ricavano olio e farine: gli esperti li chiamano ‘vaccino nutrizionale’, perché sono in grado di regolare le risposte del sistema immunitario, ormonale e nervoso nei confronti delle aggressioni dell’ambiente. E l’uso terapeutico delle cime apre nuove prospettive”.

Un’industria che fa parte a pieno titolo della green economy, perché “dà prodotti che fanno risparmiare energia e danno benefici all’organismo, con un basso impatto ambientale”. La pianta della cannabis infatti è robusta e cresce bene con poca acqua e senza diserbanti. “Il suo accrescimento è così veloce che soffoca le altre piante infestanti. Può essere concimata con il compost, senza ricorrere ai concimi chimici”. E mentre il mercato spinge lo sviluppo del settore, in Parlamento è in fase di approvazione la nuova legge quadro sulla canapa e i suoi usi industriali. 

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