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Anche l’olio extravergine ha un’impronta ambientale
Al programma lanciato nel 2013 dal Ministero dell’Ambiente ha aderito la Monini che ha sottoposto ad una eco-analisi l’intera filiera dell’olio
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19/03/2015

A quanto ammontano le emissioni di gas a effetto serra nella produzione dell'olio extravergine d'oliva? Ce lo dice la carbon footprint, l’impronta di carbonio che esamina tutto il ciclo di vita dell’olio e indica le misure per produrre in futuro olio extravergine di oliva a basso impatto ambientale. È stato il Ministero dell’Ambiente che nel 2013 ha lanciato il programma nazionale per la valutazione dell’impronta per i prodotti di largo consumo e anche una grande azienda produttrice di olio, la Monini, ha aderito al programma che vede ad oggi la partecipazione di circa 200 aziende di vari settori produttivi. “L’obiettivo del nostro lavoro –ha spiegato Francesco La Camera, direttore generale del Ministero dell’Ambiente che ha visitato l’azienda spoletina- è promuovere la sostenibilità nei settori produttivi decisivi per il nostro Paese, come l’agroalimentare, attraverso strumenti di valutazione ambientale in linea con le indicazioni dell’Unione Europea”. Per individuare la carbon footprint, Monini ha sottoposto ad analisi l’intera filiera dalla fase di coltivazione e raccolta delle olive, il trasporto al frantoio e l’estrazione dell’olio, alla filtrazione e al confezionamento, fino alla produzione degli imballaggi, alla distribuzione del prodotto finito, all’uso domestico e al fine vita del prodotto e del suo imballaggio. L’analisi del ciclo di vita degli oli extra vergine d’oliva ha messo in evidenza che le fasi maggiormente impattanti della filiera (per il 50-65%) sono quelle legate alla coltivazione delle olive; per il 20-25% alla produzione dei materiali d’imballaggio, per il 16% alla distribuzione via camion del prodotto finito, per il 5% al confezionamento del prodotto finito (dovuto al consumo di elettricità), per il 3-5% all’estrazione dell’olio (dovuto sempre al consumo di elettricità). Alla luce dei dati raccolti, Monini ha individuato diverse attività per il miglioramento della CFP inizialmente di due dei suoi extra vergine più pregiati, il Bios e la DOP Umbria: riduzione dei consumi energetici e dei prodotti chimici (questi ultimi solo per il D.O.P. Umbria) per la fase di coltivazione delle olive, studio di un imballaggio a bassa impronta di carbonio e il contenimento dei consumi elettrici per le fasi di estrazione dell’olio al frantoio e di confezionamento. Dove non si sono potute evitare le emissioni di gas serra, Monini ha scelto di neutralizzarle attraverso l’acquisto di crediti derivanti dal progetto China Anhui Guzhen Biomass, che consiste nella realizzazione e installazione di un boiler da 130t/h e di un generatore a turbina a vapore da 30MW nella contea di Guzhen, della provincia di Anhui, nella Cina orientale. Scarti della lavorazione del legno, della coltivazione del riso, del mais e delle arachidi, invece di essere gettati, vengono utilizzati come combustibile per la generazione di energia elettrica. La produzione annuale di energia attesa è di 186,900 MWh, che vengono immessi nella East China Power Grid. Ma Monini è da tempo attiva sul fronte ambientale: ha installato un impianto fotovoltaico presso lo stabilimento, acquistato energia da fonti rinnovabili certificate, introdotto un packaging eco-sostenibili in vetro riciclato

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