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La sostenibilità suona bene. Intervista al cantautore Fabio Cardullo, creatore della Lampion Guitar
Fabio Cardullo, musicista e cantautore ci racconta della sua Lampion Guitar e dell'impegno per l'ambiente attraverso le sue note
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11/09/2014

Musica e sostenibilità. Un binomio che suona davvero bene. Fabio Cardullo è un musicista nel cui repertorio un ruolo chiave è l’attenzione all’ambiente. Con canzoni che raccontano le stagioni o gli alberi di Istanbul. Ma non solo. Il suo amore per la natura è arrivato oltre e, mettendo insieme degli oggetti inutilizzati, ha realizzato una chitarra: la Lampion Guitar costruita esclusivamente con oggetti di scarto. Econews ha intervistato Fabio per saperne di più 

Come nasce l’idea di realizzare una chitarra da un lampione e da altri oggetti?

Il pezzo giaceva impolverato sugli scaffali di un laboratorio di restauro di una mia amica. Ricordo che appena lo vidi ne rimasi attratto, lo presi ed esclamai “Lampion Guitar!”. Se ripenso al quel “primo incontro” mi appare tutto strano perché sembrava proprio scritto nel mio destino. Vista la mia la mia reazione e l’istantanea decisione di ricavarne una chitarra la mia amica me lo regalò.

 Quella di creare strumenti musicali con materiali di riciclo non è infondo una novità soprattutto in altre culture: nel mio caso sentivo la necessità di realizzare un oggetto che includesse oltre all’utilità dello strumento musicale anche un messaggio a favore del riciclo e contro lo spreco.

Dal punto di vista tecnico quali sono state le difficoltà?

La parte che mi ha impegnato di più è stata sicuramente la costruzione dell’attacco tra il manico della chitarra ed il lampione. Visto l’esiguo spessore dell’alluminio volevo evitare rinforzi eccessivi ed inestetismi. Il blocco è composto da una parte esterna che è concava e da una parte interna che invece è convessa ed entrambe devono combaciare alla perfezione ‘pinzando’ l’alluminio e garantendo la corretta inclinazione del manico. Avendo a disposizione una piccola sega circolare ho dovuto procedere molto lentamente e con l’aiuto di carta vetrata. Il resto della costruzione è stato abbastanza semplice. La scelta di utilizzare del pavimento laminato per il piano armonico, che da un punto di vista sonoro potrebbe risultare pessima, si è rivelata invece valida dal punto di vista della realizzazione visto che lo spessore corrispondeva con quello della sede creata originariamente per ospitare il vetro di protezione della lampadina. L’idea di fare la buca dello strumento a forma di lampadina credo rappresenti uno dei caratteri distintivi della Lampion Guitar, una sorta di firma della quale vado molto fiero.

Avevi mai costruito uno strumento musicale prima?

No, ma sono sempre stato appassionato di legni e liuteria. Sono figlio di un artigiano tappezziere e ho svolto finora molti lavori manuali. Credo che questo abbia sicuramente influito ed incoraggiato la costruzione della Lampion Guitar.

Usi la lampion guitar nei tuoi concerti?

Si, per suonare alcuni brani presenti nella scaletta della mia esibizione che prevede comunque anche l’uso della chitarra tradizionale. Musicalmente la Lampion è accordata con una tonalità diversa dalla chitarra tradizionale ed è proprio per questo motivo che ho intenzione di realizzarne una seconda che mi permetterà di avere dal vivo entrambe le accordature e riuscire quindi ad eseguire tutto il concerto con le chitarre in materiali riciclati.

Le quattro stagioni è il brano “dedicato” al video in cui racconti come hai costruito la Lampion guitar. In un periodo in cui il clima sembra mandarci chiari segnali stravolgendo le stagioni per come le conoscevamo, la tua canzone potrebbe esserne quasi una colonna sonora. Vuoi raccontarci qualcosa di più su questo brano?

Il brano Quattro stagioni, presente all’interno del video di presentazione, l’ ho composto nel 1997 quando le stagioni si manifestavano marcatamente più di oggi. La scelta del titolo è stata suggerita dal fatto che il brano si articola in quattro distinti momenti musicali intervallati da una breve pausa di respiro. Ho composto il pezzo suonandolo sulle scale del condominio dove abitavo perché il riverbero naturale che si creava in quello spazio aumentava la mia ispirazione. Il fatto che il clima sia cambiato in così poco tempo fino quasi a non farci più percepire la differenza fra le stagioni appare un segnale chiaro che a dire il vero un po’ mi spaventa. Penso che la nostra responsabilità attuale sia quella di capire l’impatto causato dall’uomo e fare di tutto per migliorare la situazione. E’ importante combattere questo fenomeno utilizzando le nuove conoscenze e tecnologie, ma anche solo andando a fare una camminata nel bosco rispristinando un contatto vero con l’ambiente, captandone i ritmi e traendo i buoni esempi che si celano tra le espressioni di madre natura.

L’ impegno ambientale è forte anche nelle tue parole. Hai dedicato una canzone agli alberi di Istanbul e il video è girato a Gezi Park. Come nasce questo brano?

Il brano Gli alberi di Istanbul è nato quando ho sentito alla radio la notizia della decisione del governo turco di abbattere i 600 alberi di Gezi Park per creare un centro commerciale. Ho appreso della protesta, delle vittime provando un senso di grande sofferenza, ma percependo tutto ciò come una fase di passaggio che stiamo attraversando. Ho deciso quindi che il brano doveva contenere la denuncia dei fatti, ma al tempo stesso un messaggio di grande speranza e di miglioramento per il tempo che verrà.

Quando nel brano dici che gli alberi di Istanbul saranno quello che non siamo stati noi a cosa ti riferisci?

Quegli alberi sono il simbolo di ciò che rimane della natura all’interno di una metropoli e la loro distruzione rappresenterebbe una perdita incolmabile. Il governo ed i mass media non hanno mai parlato di questo, io invece sostengo proprio questa verità ed è anche per questo che nel brano parlo di martiri e guardo al giorno in cui tutto ciò sarà definito ‘un tempo lontano’.

Dicendo ‘saranno quello che non siamo stati noi’ ho cercato di mettermi nei panni di un albero che nell’impossibilità di muoversi partecipa, dall’inizio alla fine della sua vita, a tutto quello che accade nel luogo in cui si trova. Ho immaginato di essere uno degli alberi di Gezi Park che ha mantenuto, nonostante le circostanze pericolose e violente, la sua posizione e la sua dignità anche durante gli scontri. Per questo motivo gli alberi credo siano un grande esempio di pace e saggezza dai quali possiamo solamente e silenziosamente imparare.

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