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Drogati del web, è allarme sociale
A Roma l’istituto Beck cura le dipendenze derivate dall’uso smodato di social network e internet
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16/05/2012

Il dibattito è acceso: l'uso di internet va limitato? E se sì, quando dobbiamo fermarci prima di finire in quel labirinto più comunemente chiamato dipendenza? Le cliniche che si occupano di questa nuova patologia da rete stanno crescendo sempre di più e l'Istituto A.T. Beck di Roma è uno di questi posti considerati all'avanguardia. Ispirata da Ivan Goldberg, psichiatra della Columbia University, (il primo a coniare nel 1995 il termine I.a.d. - Internet addiction disorder) la clinica romana cura oggi circa venti casi l'anno. Eco-news ha interpellato la fondatrice e direttrice Antonella Montano, antropologa e psicoterapeuta e il suo collaboratore, Emiliano Lambiase, psicoterapeuta, per approfondire il problema che nel 2013 sarà inserito nel manuale statistico e diagnostico delle malattie mentali tra le patologie psichiatriche ufficiali. Intanto dalla Cina arrivano cifre spaventose: nel 2010 l'80% dei giovani è stato considerato affetto da I.a.d. Ecco perché questo disordine mentale è già considerato tra le malattie più rischiose per la salute pubblica.

Quali sono i casi più comuni curati dall'istituto Beck in materia di dipendenza da internet?
I casi più classici riguardano fondamentalmente tre tipologie di persone. I giovani, i cosiddetti "nativi digitali", non hanno un metro di paragone tra l'utilizzo prima e dopo l'avvento di questa tecnologia ed eccedono nel suo utilizzo per tutte le opportunità che mette a disposizione, soprattutto per i giochi e i social network. Poi ci sono le persone oltre i 45/50 anni che per tanto tempo hanno vissuto al di fuori della tecnologia, i cosiddetti "immigrati digitali", per i quali il mondo virtuale è divenuto un fantastico parco giochi da esplorare e nel quale si sono persi.
Infine le persone insicure e con disagi relazionali che hanno utilizzato il mondo virtuale per compensare l'isolamento e la difficoltà a intessere e mantenere relazioni. Nel mondo virtuale ci riescono, ma non al punto da acquisire realmente queste abilità. Per questo motivo continuano ad aver bisogno di questo "ambiente" per sentirsi in relazione.
Com'è affrontata la patologia di dipendenza da internet e social network e quali sono i tempi di recupero medio del paziente?
Nella prima fase della terapia cerchiamo di comprendere il radicamento del problema e le sue conseguenze negative. Cominciamo ad aiutare il paziente a essere sempre più consapevole della gravità del problema. In seguito elaboriamo con lui un piano comportamentale per arginare l'uso di internet e mettere in atto comportamenti e attività fino a quel momento trascurati. In seguito ci dedichiamo ad affrontare le dinamiche cognitive ed emotive, interiori alla persona, che l'hanno portata a sviluppare la dipendenza da internet. Spesso il soggetto va aiutato in questo processo attraverso delle terapie di gruppo, familiari e di coppia, in modo da sostenerlo nell'acquisizione delle abilità necessarie a sapersi relazionare con se stesso e con gli altri, per recuperare le relazioni importanti della sua vita e per creare un ambiente comprensivo e di sostegno. I tempi di recupero, in genere, sono piuttosto lunghi perché non si tratta solo di controllare un comportamento, bensì di modificare dinamiche cognitive ed emotive molto radicate. In pratica, è come insegnare a una persona con scarso equilibrio a camminare sulla fune. Tra l'altro, spesso, la dipendenza da internet si presenta in collegamento con altre problematiche emotive che vanno anch'esse trattate per prevenire o ridurre il rischio di ricadute.
Per quanto riguarda il fenomeno dei social network cosa è cambiato nella quotidianità della vita sociale dei giovani italiani?

L'arrivo di internet ha cambiato lo stile di vita dei giovani, che possono stare in contatto con persone, conosciute o meno, superando le barriere dello spazio e del tempo. Questo fatto non stupisce in un mondo globalizzato e presenta notevoli vantaggi, tra cui lo scambio di informazioni da un punto all'altro del pianeta, condividere passioni attraverso forum e blog o trovare l'amore, in una dimensione temporale che non coincide con quella dei ritmi della vita quotidiana. La mente di un giovane che nasce con internet in un certo senso si espande, si parla di multi-tasking, ovvero passare rapidamente da un compito all'altro, come avviene da una finestra all'altra del browser, con il risultato che la velocità di lettura online rispetto ai comuni testi aumenta. Questi vantaggi possono però essere ribaltati: l'attenzione su molti argomenti contemporaneamente può dare prestazioni scadenti l'anonimato della rete protegge, ma isola. I numerosi contatti su social network, ad esempio, possono essere usati come "unica prova" della propria socialità piuttosto che come arricchimento della vita reale. La parola chiave è moderazione perché, una volta passati gli entusiasmi del boom di internet, si rischia che sia la rete a dettare le regole, come nella "crisi" di chi esce da casa senza cellulare, fino ad arrivare all'ansia patologica di non aver risposto al messaggio di un amico virtuale e aver paura di "cosa pensa" o di "essere abbandonato". Oggi, ad esempio, è aumentata la paura di aver perso chiamate importanti e controlliamo spesso il cellulare. Una volta, invece, rispondevamo al telefono solo quando lo sentivamo squillare. Il nostro naturale bisogno di relazioni sta rischiando di divenire sempre più compulsivo, "dobbiamo" stare attenti a non perdere il contatto per non perdere le relazioni. Una volta, invece, sapevamo di essere in relazione, sapevamo chi erano i nostri amici. Oggi, questa consapevolezza va sempre più alimentata andando a vedere i profili sui social network, rispondendo ai commenti, inviando o replicando rapidamente agli sms.
L'uso di social network può essere considerato un bene per chi è alla ricerca di persone con gli stessi hobby o un beneficio per persone timide che hanno difficoltà a relazionarsi in gruppo?
La risposta è controversa, soprattutto per quanto riguarda la timidezza. Senz'altro condividere un hobby in rete non sembra avere molti svantaggi, ad esempio quando ci si scambiano pezzi da collezione. Se si rimane nella legalità e se le ore dedicate non sono eccessive, il vantaggio di vendere o comprare online esiste. Riguardo il tema della timidezza il discorso si fa più complesso. Da recenti studi sembrano esservi aspetti positivi per chi tiene un blog online, in particolare per gli adolescenti timidi che riuscirebbero così in parte a superare la loro introversione. Tuttavia, l'aspetto negativo è legato al tempo speso online: più questo è lungo, più aumenta la timidezza nel mondo reale, ma qui siamo ai confini della dipendenza e non in un uso consapevole e salutare.
Quando e perché s'inizia invece a parlare di dipendenza e si deve chiedere aiuto per salvaguardare la propria salute? Dove è il limite di un uso sociale positivo?
Alcuni segnali devono mettere in allarme perché sono la spia di un uso patologico della rete che supera i limiti di un utilizzo sano: - La necessità incontenibile di trascorrere sempre più tempo in rete con comportamenti ossessivi come il controllo eccessivo, a livello di frequenza e lunghezza, della posta elettronica durante la giornata, non legato a motivi di utilità o reale bisogno, oppure periodi prolungati trascorsi in chat. - L'insorgenza di sintomi da astinenza, come ansia, agitazione, quando si è offline. Questi sintomi incidono in maniera negativa sulla vita sociale della persona, sottraendo tempo alle attività quotidiane e vitali per l'individuo, come famiglia, amici, lavoro fino al manifestarsi di effetti negativi sulla salute fisica (mal di schiena, affaticamento della vista, disturbi del sonno, scarsa igiene personale, isolamento sociale). Accade spesso che l'abuso della rete avvenga nelle ore lavorative con il rischio di essere scoperti, o di notte rinunciando al sonno.
Cosa consiglia per tenere lontani i giovani e non da dipendenza da internet? Se vi è un rischio dipendenza come bisogna comportarsi?
Non è facile per chi è "dentro" il mondo virtuale fermarsi prima di varcare il limite della patologia fortunatamente la rete stessa offre strumenti, come questionari di autovalutazione del proprio rapporto con la rete, che possono essere usati per valutare il problema prima che si aggravi. Spesso i sintomi di malessere tipo l'astinenza si manifestano quando già il rapporto con la realtà è alterato e l'isolamento fisico e sociale è un meccanismo consolidato per fuggire dalla realtà con i suoi limiti e responsabilità quindi prima il disagio si rileva prima si può intervenire. Il passo successivo alla consapevolezza può essere un aiuto professionale individuale o, qualora si disponga di strutture adeguate, incontri di gruppo e condivisione del problema ne sono stati avviati in Italia alcuni per il gioco d'azzardo patologico.
Quanto incide sulla gravità del danno delle dipendenze da internet/videogiochi il fatto che queste forme di dipendenza sono ancora giovani e quindi la società non ne è ancora abbastanza consapevole?
Secondo noi questo incide parecchio, perché conoscere è il primo passo per intervenire sul problema, a livello individuale, familiare e sociale. In base alla nostra esperienza clinica vi sono casi in cui chi è già entrato nel tunnel della dipendenza la considera "migliore" di altre forme come l'abuso di alcool, come a voler dire che "ammesso che internet faccia male (in realtà non riuscendo a smettere) comunque non è la fine del mondo perché c'è di peggio", una giustificazione pericolosa che impedisce un intervento precoce. È lecito pensare che con una massiccia informazione, con la predisposizione di centri attrezzati con personale competente e di progetti di prevenzione che passino per le scuole e coinvolgano attivamente le famiglie si potrà scongiurare nell'immediato futuro l'aumento di tali forme di patologia e non solo curarle quando gli effetti negativi sono già in atto. <span class="Apple-style-span">Antonella Montano, psicoterapeuta

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