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Plastica nel Mediterraneo, costa toscana la più colpita
Dall’Ismar-Cnr le prime stime sul mare nostrum. Ogni anno nel mondo vengono prodotti circa 300 milioni di tonnellate e si pensa che fino a 12 milioni di tonnellate finiscano in mare
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27/12/2016

Rappresenta dal 50% all’80% dei rifiuti presenti in mare, poche aree ormai ne sono immuni. Gli scienziati hanno trovato frammenti di plastica persino nell’Artico e nell’Antartico, in superficie e nei sedimenti marini. Ogni anno nel mondo vengono prodotti circa 300 milioni di tonnellate di plastica e si pensa che fino a 12 milioni di tonnellate finiscano in mare, spiega il ricercatore dell’Istituto di scienze marine del Cnr Stefano Aliani. Oltre questi numeri non è sempre facile andare: “Gli scienziati stanno ancora lavorando per rispondere alle domande più semplici: quanta plastica c’è negli oceani, dove, in che forma e quali danni causa. Questo perché fare ricerca in mare è difficile, costoso e lungo in termini di tempo. È difficile fare un’indagine complessiva dei vastissimi oceani per frammenti plastici piccoli, talvolta microscopici, e pochi ricercatori hanno fatto di questo il focus del loro lavoro”, si legge in un articolo apparso su Nature lo scorso agosto.

Un argomento complicato, che però negli ultimi anni sta attirando sempre maggiore interesse anche nei nostri mari. Di recente, infatti, sono apparse su Nature/ScientificReports le prime stime della presenza nel 2013 di microplastica galleggiante in mare aperto nel Mediterraneo occidentale, messe a punto da Ismar-Cnr in collaborazione con le Università di Ancona, del Salento e Algalita Foundation (California). “Per la prima volta sono stati individuati i polimeri che costituiscono la microplastica galleggiante in mare e la loro distribuzione. Si tratta soprattutto di polietilene e polipropilene, ma anche di frammenti più pesanti come poliammidi e vernici, oltre a policaprolactone, un polimero considerato biodegradabile”, continua Aliani.

Dalla microplastica, in particolare, il Mediterraneo non si salva. I frammenti più piccoli di 2 millimetri, spiegano dal Cnr, “sono stati trovati a galleggiare pressoché ovunque nel Mediterraneo, con concentrazioni tra le più alte al mondo. Ad esempio, nel vortice subtropicale del Pacifico settentrionale nel 1999 sono stati stimati circa 335mila frammenti di plastica per km quadrato, mentre in Mediterraneo si parla di una media di circa 1,25 milioni”. Le quantità maggiori sono state trovate nell’alto Tirreno, più bassa invece la concentrazione dell’Adriatico: “Nel tratto di mare tra la Toscana e la Corsica è stata rilevata la presenza di circa 10 kg di microplastiche per km quadrati, contro i circa 2 kg presenti a largo delle coste occidentali della Sardegna e della Sicilia e lungo il tratto nord della costa pugliese”. A cosa si devono queste differenze? “Le ragioni della disomogeneità distributiva dipendono dalle diverse sorgenti di rifiuti, che possono essere le aree densamente abitate lungo la costa, i fiumi e i processi di trasporto marino tipici di un bacino”, racconta Aliani. Un ruolo possono giocarlo anche le correnti: Kamilo Beach, alle Hawaii, è una spiaggia isolata che da paradiso tropicale si è ormai trasformata, a causa delle correnti, in una discarica a cielo aperto. Con un tappeto di bottiglie, spazzolini da denti e reti da pesca a ricoprire la sabbia bianchissima.

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