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Perché il clima rischia con Trump presidente
Il neo eletto presidente degli Stati Uniti vuole fare marcia indietro sull'Accordo di Parigi, non crede al riscaldamento globale ed è amico delle fossili.
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21/11/2016

Nei giorni in cui il Segretario di Stato in carica John Kerry, da Marrakech, sottolinea che gli Stati Uniti cercheranno in tutti i modi di mantenere gli impegni presi ratificando l'Accordo di Parigi, in tutto il mondo ci si chiede come potrà cambiare la posizione degli Usa riguardo le politiche energetiche e climatiche.

Già in campagna elettorale la posizione di Trump era chiara riguardo al riscaldamento globale. In un tweet del 2012 scrisse che “Il concetto del riscaldamento globale è stato creato dai e per i cinesi, per rendere non competitiva l’industria americana”. E la linea negazionista è durata fino alle elezioni.

Anzi, la volontà pare essere chiara: Donald Trump ha messo a capo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente (Epa) un negazionista convinto, tale Myron Ebell, che ha passato gli ultimi anni a smontare la teoria del riscaldamento globale, oggi accettata da più del 97 per cento del mondo scientifico.

Ma il tycoon sembra voler metter mano anche alle politiche energetiche, come ridare nuova linfa all'oleodotto che Obama ha fermato, ovvero la Keystone Xl. Insomma, l'idea è di tornare sulle fossili, aumentando le estrazioni di petrolio e gas naturale. Infatti se dovesse cancellare il Clean Power Act, difficilmente reso operativo da Obama, verebbero cancellate tutte le politiche messe in atto per ridurre le emissioni nel settore energetico. Anche perché la politica energetica e climatica dell'ormai ex-presidente, è stata realizzata usando il potere esecutivo a suon di decreti. In questo modo ha sì bypassato il Congresso a maggioranza repubblicana, ma ha reso anche più deboli e facilmente revocabili i suoi provvedimenti cui manca l'imprimatur del potere legislativo.

Non ci sono solo lati negativi. Come scrive Gianni Silvestrini su LaStampa.it: “all’interno degli Stati Uniti è prevedibile un’accelerazione degli impegni a vari livelli. Il Congresso darà filo da torcere, visto che alcune posizioni, come gli incentivi al solare e all’eolico, godono di un supporto bipartisan. Gli Stati con proprie politiche climatiche avanzate, come la California o New York, perseguiranno con maggior forza i propri ambiziosi obiettivi. Aumenteranno le città con articolati programmi climatici. Ed è prevedibile che una parte importante del mondo della finanza e delle imprese non gradirà le posizioni ostruzioniste del governo federale e si farà sentire. E poi ci sono i movimenti di base, i gruppi religiosi, le Università che si mobiliteranno”. Ovvero si verrà a creare un movimento “dal basso”, che difficilmente Trump potrà evitare.



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