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Cop21, le Nazioni Unite: promesse degli stati da rafforzare
Applicando gli impegni nazionali sul clima così come sono, si arriverebbe a un aumento delle temperature di 2,7° al 2100, ancora troppi. Significativi comunque i vantaggi per il settore elettrico, con una riduzione delle emissioni del 40% in 20 anni
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16/11/2015

Positivi, ma insufficienti. A poche settimane dall’apertura della Conferenza sui cambiamenti climatici di Parigi, i diversi report internazionali pubblicati nei giorni scorsi per analizzare i così detti Indc, cioè gli impegni presi dai singoli Paesi per la lotta al riscaldamento globale, sono concordi su un punto: i contributi presentati sono la premessa per una forte decarbonizzazione delle economie, ma senza un rafforzamento non potranno limitare a 2°C l’aumento delle temperature entro il 2100.

Secondo il report presentato nei giorni scorsi dall’Unfccc, l’accordo quadro nel cui ambito si svolge la Cop, gli impegni presentati dagli stati condurranno a una riduzione pro capite delle emissioni medie globali dell’8% nel 2025 e del 9% entro il 2030. Un taglio che però, da solo, non basterà: gli Indc, spiega il segretario esecutivo della Convenzione Christina Figueres, permetteranno di limitare l’aumento delle temperature “a circa 2,7° C entro il 2100, assolutamente non sufficiente, ma molto sotto i quattro, cinque o più gradi di riscaldamento stimati da molti prima degli Indc” stessi.

L’Unep, che ha da poco presentato il suo “Emissions gap report”, prova a tradurre tutto in tonnellate di Co2, rivelando che con i buoni propositi già messi nero su bianco dai Paesi si arriva solo a metà del guado: “Gli sforzi per contrastare il cambiamento climatico, inclusi quelli fatti prima dell’accordo di Parigi e della complete implementazione degli Indc, potrebbero tagliare le emissioni di Co2 equivalenti fino a 11 Gt rispetto a quanto previsto per il 2030. Questo però è circa la meta della riduzione totale necessaria per raggiungere il livello di emissioni globali di 42 GtCo2e nel 2030, coerente con una buona probabilità (>66%) di rimanere sotto il target dei 2° nel 2100”, spiegano dall’Unep.

Se quindi i piani degli stati vanno migliorati, quali effetti permetteranno di ottenere, nel concreto, già applicandoli così come sono? Secondo uno studio pubblicato a fine ottobre dall’Iddri, l’Istituto per lo sviluppo sostenibile e le relazioni internazionali con sede a Parigi, gli impegni dei Paesi imprimeranno una forte accelerazione delle azioni contro i cambiamenti climatici, “soprattutto nel settore elettrico, dove gli Indc condurranno a un’ulteriore transizione verso le energie rinnovabili e forme di produzione dell’energia elettrica a basse emissioni. Secondo i calcoli del consorzio Miles, formato da 16 centri di ricerca di tutto il mondo coordinati dall’Iddri, che ha analizzato le economie di Usa, Europa, Cina, Giappone, India e Brasile, se gli Indc verranno rispettati “le emissioni di anidride carbonica per la produzione di un’unità di elettricità si ridurranno del 40% tra il 2010 e il 2030 e le rinnovabili diventeranno la fonte principale di energia elettrica, a circa il 36% del mix energetico”.

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