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La povertà? È anche energetica e minaccia almeno 3 milioni di italiani
In un Rapporto, appena pubblicato, è esaminata questa nuova forma di povertà che impedisce l’accesso a servizi essenziali come il riscaldamento o la cucina dei cibi
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22/01/2015

Nuove forme di povertà minacciano le economie avanzate: tra queste la fuel poverty, la povertà energetica causata dalla difficoltà di accedere alle fonti di energia per usufruire dei servizi essenziali come il riscaldamento del proprio appartamento, la possibilità di cucinare i cibi, il funzionamento ordinario degli elettrodomestici di base. Ed in Gran Bretagna, paese che ha una consolidata tradizione di contrasto alla fuel poverty, è stata anche quantificata la dimensione del fenomeno: 24.000 persone anziane sono esposte ad un rischio crescente per la salute e sono a rischio di morte perché non possono permettersi il riscaldamento o vivono in ambienti umidi.

Di povertà energetica si parla nel Rapporto Fuel poverty: definizione, dimensione e proposte di policy per l’Italia, realizzato da Serena Rugiero e Giuseppe Travaglini e curato dall’Associazione Bruno Trentin, che definisce in povertà energetica tutte quelle famiglie che spendono più del 10% del proprio reddito per poter “consumare” energia. In Italia, secondo un’indagine compiuta dell’Autorità per l’energia, il gas e i servizi idrici, sono 3 milioni i cittadini in fuel poverty, quelli cioè che hanno diritto al bonus per l’elettricità e il gas.

La fuel poverty emerge nei paesi occidentali a partire dalla metà degli anni ‘70 in seguito agli shock petroliferi del 1972 e del 1975, ma esce dall’agenda della politica con la fine della crisi energetica. Oggi, anche a causa della profonda e prolungata crisi economica, la questione della povertà energetica è più che mai attuale, ed è, come scritto nel Rapporto un ”vero e proprio social problem in quanto colpisce le fasce di popolazione più deboli (pensionati, lavoratori precari, cassaintegrati, giovani disoccupati) e le aree territoriali più svantaggiate come il Mezzogiorno, con fenomeni di esclusione sociale, e con una maggiore predisposizione nella popolazione alla insorgenza di patologie fisiche e psicologiche dannose per la salute delle persone”.

Lo strumento principale per contrastare il fenomeno della fuel poverty, ricorda il Rapporto, è il bonus concesso alle famiglie in stato di disagio economico, che viene stimato attraverso il valore dell’indice ISEE - Indicatore di Situazione Economica Equivalente; ma non solo. Si può agire anche con misure che taglino la spesa energetica, come una maggiore efficienza energetica delle abitazioni, misura questa che agisce sulle cause del fenomeno e comporta benefici non solo sociali, ma anche ambientali, energetici ed economici (riduzione della CO2, impulso al settore dell’edilizia, creazione di lavori verdi). In molti paesi europei si sta agendo secondo queste due direttrici per ridurre l’impatto della fuel poverty.

In Italia, dove è attivo il bonus energetico, non si sono avuti però i risultati sperati a causa della scarsa informazione, di procedure farraginose, dello scarso valore economico del bonus (il 20% della spesa media per l’elettricità e il 15% per il gas). Proprio per questo la Ricerca indica le direttrici da seguire per garantire alle famiglie che versano in stato di fuel poverty l’accesso ai servizi indispensabili di luce, gas e anche acqua. Tra le proposte contenute nel Rapporto, il rafforzamento del bonus, la semplificazione dell’ iter burocratico per accedervi; campagne di informazione per l’accesso al bonus, la revisione delle fasce ISEE di reddito; l'inclusione nei benefici degli utenti di gas diverso da quello naturale distribuito sulle reti urbane e degli utenti del servizio di teleriscaldamento, ora esclusi; il miglioramento dell’ efficienza energetica e del risparmio attraverso l’utilizzo di nuovi strumenti di controllo e di gestione dell’energia (cronotermostati, lampade a risparmio energetico, contatori digitali, elettrovalvole ecc.) l’efficientamento delle abitazioni.

 

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