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In Italia c’è un’industria che tira, quella dei rifiuti
In 5 anni aumentate le aziende del 10% e gli addetti del 13%, lo dice il Rapporto “L’Italia del Riciclo 2014”
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04/12/2014

In un Paese in crisi che vede chiudere ogni giorno decine di imprese e sotto accusa da parte dell’Ue per come tratta i suoi rifiuti, proprio l’industria della gestione dei rifiuti si mostra estremamente vitale e continua a “tirare”. Negli ultimi 5 anni: sono aumentati il numero di addetti, +13%, e di aziende, +10%, (il 94% delle quali svolge attività di recupero),  il volume d’affari del settore è arrivato a sfiorare i 34 miliardi di euro e il valore aggiunto generato ammonta a circa 8 miliardi di euro ed è quindi valutabile in oltre mezzo punto percentuale di PIL Nel panorama delle imprese, resta preponderante il numero delle piccole, aumentano le società di capitali e cala il peso delle ditte individuali. Continua, inoltre, anche a crescere il riciclo degli imballaggi (nel 2013 +1% rispetto al 2012), che sostiene settori industriali (siderurgia, mobili, carta, vetro) strategici per il nostro Paese. Questo quanto emerge dal Rapporto “L’Italia del Riciclo 2014”, arrivato alla quarta edizione e realizzato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e da FISE Unire (l’Associazione di Confindustria che rappresenta le aziende del recupero rifiuti), che fotografa lo stato dell’arte del settore e di 15 filiere di materiali. Nel 2013, nonostante la riduzione dei consumi delle famiglie e della produzione industriale, l’aumento complessivo  dell’1% del riciclo degli imballaggi attesta la capacità di tenuta del settore, sia pure tra le mille difficoltà dell'attuale congiuntura. L’incremento appare evidente in tutte le filiere con punte d’eccellenza nel tasso di riciclo in alcuni comparti come carta (86%), acciaio (74%) e vetro (65%).

Risultati altalenanti registrano le altre filiere; in particolare sono in calo i quantitativi di materiali ottenuti dalla bonifica e dalla demolizione di veicoli fuori uso avviati a reimpiego, riciclo e recupero di energia e la raccolta pro-capite media nazionale di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche: per questi ultimi il dato (3,8 kg/ab), sebbene solo leggermente inferiore all'obiettivo attuale di 4 kg/ab, è ancora lontano dai target ben più ambiziosi fissati dalla nuova direttiva appena recepita in Italia. Per il recupero dei rifiuti inerti da costruzione e demolizione (39,8 milioni di tonnellate, pari a un tasso di recupero del 69%), l'incompletezza dei dati disponibili sulla produzione reale degli stessi non consente di valutare il concreto raggiungimento dell'obiettivo (70%), mentre per la raccolta dei tessili (nel 2013 110.900 tonnellate, pari a una media nazionale di 1,8 kg/ab) c'è ancora molto spazio per ulteriori incrementi.

Notevoli sono, infine, le prospettive di crescita per il settore del riciclo a livello nazionale ed europeo. Si stima infatti che la prevenzione dei rifiuti, l’ecodesign, il riuso e misure simili possano generare un ulteriore risparmio pari a 600 miliardi di euro e ridurre le emissioni di gas serra dal 2 al 4%. Il conseguimento dei nuovi obiettivi in materia di rifiuti creerebbe circa 600.000 nuovi posti di lavoro. Ma tutto il settore lamenta un quadro normativo chiaro, omogeneo ed esaustivo."Il riciclo dei rifiuti in Italia - ha affermato Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile - potrebbe crescere, generando nuovi investimenti e nuova occupazione, con norme più chiare, certe ed efficaci a partire da quelle, attese da anni, che indichino con precisione a quali condizioni un rifiuto sottoposto ad un trattamento di recupero cessa di essere un rifiuto e diventa un prodotto”. 

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