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Primati: a rischio piú della metà delle specie
L'Iucn lancia l'allarme sullo stato di conservazione dei nostri parenti più prossimi: serve l'urgente azione dei governi
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10/12/2015

Sono i nostri parenti più vicini, ma il loro stato di conservazione è sempre più preoccupante. L'Unione internazionale per la conservazione della natura ha lanciato in questi giorni l'allarme sulla brutta situazione in cui si trovano i primati: più della metà delle specie sono a rischio estinzione, a causa della distruzione degli habitat, in particolare per gli incendi e la deforestazione nelle aree tropicali, la caccia e il commercio illegale di animali selvatici. Con casi limite come quello del gibbone di Hainan e del lepilemure settentrionale del Madagascar, di cui in natura sono rimasti ormai, rispettivamente, 25 e 50 individui. E proprio lo stato africano, insieme al Vietnam, ha un alto numero di specie altamente minacciate. Solo in Madagascar infatti vivono 5 delle 25 specie considerate più in pericolo dall'Iucn, a cui si aggiungono altre 5 specie presenti nel resto dell'Africa, 10 specie asiatiche e 5 dell'America centrale e meridionale.

"In Africa, il genere delle scimmie Piliocolobus è particolarmente minacciato, così come lo sono alcune delle scimmie urlatrici e delle scimmie ragno in Sud America. Tutte queste specie sono relativamente grandi e diffuse, e questo le rende i bersagli principali della caccia di animali selvatici", spiegano dall'Iucn. Tra le specie aggiunte al report in questa edizione ci sono il tarsio delle Filippine e il lemure delle montagne Lavasoa in Madagascar, entrambi messi sotto pressione dalla perdita degli habitat.

"Speriamo che la ricerca attirerà l'attenzione delle persone su queste specie di primati meno conosciute. Di molte la maggior parte delle persone probabilmente non ha mai sentito parlare, come il lemure delle montagne Lavasoa, una specie scoperta solo due anni fa, o la scimmia di Roloway del Ghana e della Costa d'Avorio, che pensiamo sia davvero sull'orlo dell'estinzione", spiega Christoph Schwitzer, noto primatologo e responsabile Conservazione della Società zoologica di Bristol, in Gran Bretagna, che ha realizzato il report insieme ad altri 62 esperti provenienti dalla stessa Iucn e da altre istituzioni scientifiche internazionali. Animali che potrebbero svolgere un ruolo significativo anche nel contrasto al riscaldamento globale, visto che disperdono i semi di quegli alberi della foresta tropicale importanti per la mitigazione del cambiamento climatico.

L'obiettivo dello studio, aggiunge Russel Mittermeier, presidente del gruppo di specialisti sui primati dell'Iucn, è in particolare quello di "incoraggiare i governi a impegnarsi per misure di conservazione della biodiversità di cui oggi c'è disperatamente bisogno". A ottobre la stessa Iucn, attraverso la sua iniziativa Sos-Save our species ha annunciato l'avvio di progetti locali per proteggere il lepilemure settentrionale e il lemure del lago Alaotra (Madagascar), "ma molto rimane ancora da fare", dicono dall'organizzazione.

Da poco è stata lanciata dall'ong Barbary Macaque Awareness anche la campagna #Justsayno, in difesa delle bertucce catturate ancora cuccioli nelle foreste e sfruttate poi nelle piazze  delle città nordafricane per selfie a pagamento con i turisti. Oggi in natura ne rimangono meno di 8mila esemplari. Il Parco Natura Viva di Bussolengo, attivo nella reintroduzione in natura di animali minacciati, sostiene la campagna chiedendo a tutti di scattarsi un selfie con il messaggio "Non poso con la bertuccia perché..." e postare la fotografia sui social.

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